AV, porti e corridoi logistici: ecco gli investimenti infrastrutturali del Recovery per la mobilita’
Nel disegnare l’Italia di domani le infrastrutture giocheranno un ruolo di primo piano, tanto che nella partita sul possibile rimpasto di governo il MIT è tra le caselle più ambite. Tra alta velocità, porti e logistica intermodale parliamo di 31,98 miliardi euro, a cui si aggiungono altri fondi come quelli per il dissesto e le infrastrutture idriche. Ecco quindi quali e quanti saranno i fondi del Recovery Plan italiano per gli investimenti infrastrutturali.
Recovery Plan: nell’ultima bozza più investimenti e meno bonus
Sembra ormai certo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – cioè il Recovery Plan italiano – destinerà la maggior parte delle risorse agli investimenti, a discapito dei bonus. In termini percentuali parliamo del 70% per i primi e del 30% per i secondi.
Una scelta questa, frutto del confronto-scontro in seno alla maggioranza, che avrà ricadute profonde anche sul tema “infrastrutture”. Nel progettare il rilancio del Sistema-Italia, infatti, il Governo avrebbe deciso di puntare con convinzione sugli investimenti infrastrutturali e i motivi sono molteplici. Anzitutto lo sviluppo (e il completamento) delle infrastrutture dovrebbe riuscire a risolvere una volta per tutte problemi strutturali e di lunga data del Paese come ad esempio le inefficienze logistiche che, secondo un recente studio di Confetra, costano 70 miliardi all’anno. La colpa non è certo solo delle carenze delle infrastrutture, ma non c’è dubbio che avere una rete viaria, ferroviaria e portuale efficace permetterebbe al nostro sistema produttivo di correre di più.
In secondo luogo, gli investimenti infrastrutturali rappresentano un volano per il rilancio di interi settori, come quello delle costruzioni e affini, che rappresentano quote considerevoli del nostro Pil. E, infine, c’è il capitolo della transizione ambientale che per ovvi motivi passerà anche per una infrastrutturazione materiale del Paese più attenta all’ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di gas serra su fronti come la logistica o il patrimonio edilizio, solo per citarne alcuni.
Le infrastrutture nel Recovery Plan italiano
Entrando nel merito del Piano, il tema “infrastrutture” si rintraccia principalmente in due delle sei missioni del Piano. La missione n. 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con i fondi per il trasporto rapido di massa (TPL), il contrasto al dissesto idrogeologico, l’efficienza energetica del patrimonio edilizio (incluso quello pubblico) e le infrastrutture idriche.
E la missione n. 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” che punta invece a completare entro il 2026, “una prima e significativa tappa di un percorso di più lungo termine verso la realizzazione di un sistema infrastrutturale moderno”, spiega il Piano, “aggiungendo risorse a progetti già esistenti e accelerandoli, nonché introducendone di nuovi”.
L’obiettivo è infatti quello di realizzare e completare opere che fanno parte di progetti infrastrutturali europei o che vadano a colmare lacune che hanno sin qui penalizzato lo sviluppo economico del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno e delle Isole. Per far ciò la missione prevede due componenti:
- L’Alta velocità di rete e la manutenzione stradale 4.0;
- L’ intermodalità e la logistica integrata.
28,3 miliardi per le grandi linee di comunicazione
La prima componente della terza missione del PNNR potrà contare su 28,3 miliardi di euro, di cui oltre 17 miliardi dovrebbero essere rappresentati da risorse aggiuntive (inclusa però una quota del Fondo sviluppo e coesione che era già prevista ma che non era stata ancora indirizzata ad interventi puntuali).
Cinque le proposte di interventi infrastrutturali previste. Anzitutto l’alta velocità e la velocizzazione della rete per passeggeri e merci, per favorire la connettività del territorio ed il passaggio del traffico da gomma a ferro sulle lunghe percorrenze. In questo ambito rientrano interventi ampiamente previsti, come la conclusione della direttrice Napoli-Bari o la linea Palermo-Catania-Messina, inseriti anche tra le opere che dovrebbero essere commissariate per accelerarne la realizzazione.
All’alta velocità si aggiungono poi altre quattro direttrici di investimento:
- il completamento dei corridoi ferroviari TEN-T e quello delle tratte di valico;
- il potenziamento dei nodi e delle direttrici ferroviarie;
- la riduzione del gap infrastrutturale Nord-Sud a favore delle regioni meridionali.
Spazio infine ad una grande stagione di interventi di messa in sicurezza della rete stradale, con interventi che prevederanno una forte componente di ammodernamento tecnologico e la messa in campo di un sistema di monitoraggio digitale avanzato per una maggiore sicurezza delle infrastrutture stradali a fronte dei rischi sismici, di dissesto e di incidentalità.
I costi dell’insularità calcolati dalla Regione Sicilia
3,68 miliardi per intermodalità e logistica integrata
La seconda componente della missione n. 3 è invece quella che guarda alla logistica e in particolare al sistema portuale.
“Il traffico merci intermodale in Italia è tipicamente terrestre, gomma-ferro, ma è inefficiente il collegamento con il traffico marittimo”, si legge infatti nel documento. “Considerando che i terminali dei corridoi ferroviari merci sono spesso dei porti, risulta dirimente, ai fini di un rapido collegamento fra la linea ferroviaria e l’infrastruttura portuale, per migliorare la competitività dei porti italiani, la realizzazione del cosiddetto “ultimo miglio”.
A causa delle inefficienze del settore, le nostre imprese pagano, infatti, un extra costo della logistica superiore dell’11% rispetto alla media europea”, illustra la bozza di PNNR. Un fardello troppo pesante per lo sviluppo economico di tutto il Paese, anche a luce di quel preoccupante -40,5% di traffico marittimo registrato nel secondo semestre 2020 dai nostri porti, a fronte di una media europea del – 17%.
In tale contesto, quindi, la seconda componente della Missione n. 3 attiene al miglioramento della competitività, capacità e produttività dei porti in chiave green:
- considerando i porti non solo punti di transito, ma integratori del sistema mare-terra;
- proponendo un’offerta logistica efficace ed affidabile per i trasporti inland da/per le destinazioni finali;
- creando una massa critica che consenta economie di scala ed efficienze in termini ambientali, e sviluppando i traffici verso l’area geograficamente a Nord delle Alpi;
- realizzando una serie di interventi sistemici, l’accessibilità portuale e dei collegamenti ferroviari e stradali con i porti (ultimo miglio);
- migliorando la situazione ambientale e riducendo le emissioni climalteranti dei porti (riducendo le emissioni inquinanti da combustibili fossili sia degli edifici, che degli impianti, che dei mezzi di servizio sia terrestri che navali).
Anche in questo caso figurano alcune opere che potrebbero essere commissariate, come la realizzazione della nuova diga foranea di Genova, necessaria per consentire la navigazione a doppio senso e un bacino di evoluzione adeguato per le grandi navi operanti oggi nel porto ligure.
Articolo di Cristina Petrachi – www.fasi.biz/it