Da MEDIL NEWS: ANGOLO INVESTIMENTI – Piano Nazionale di Resilienza, la scommessa per il Sud e le INFRASTRUTTURE quali priorità
L’ottimismo che accompagna molte letture del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano va misurato con una buona dose di realismo. Senza con ciò voler sminuire il portato potenzialmente epocale delle occasioni che si aprono nella transizione al post-Covid. Anzi, il bagno di realismo serve proprio a cogliere appieno queste opportunità.
La crisi economica e sociale da Covid-19 si è sommata alle debolezze strutturali di un’economia nazionale fiaccata da un ventennio di mancata crescita, da un mercato del lavoro sempre più fragile e da fratture sociali e territoriali crescenti. Nell’ultimo anno dell’era pre-Covid il paese aveva ancora 4 punti di Pil rispetto al 2007, con un Centro-Nord incapace di tenere i ritmi di crescita delle vere “locomotive” dell’Europa (-2 punti di pil tra il 2007 e il 2019), e un Sud ancora sotto di 10 punti e sempre più lontano dalle altre in ritardo di sviluppo del Continente. La mancanza di crescita, anche per effetto di un generalizzato disimpegno delle politiche nazionali, ha innescato le dinamiche sociali e demografiche avverse documentate dalla SVIMEZ in questi anni.
Ne hanno sofferto di più giovani e donne del Mezzogiorno. Basti ricordare i 400 mila giovani laureati meridionali che hanno lasciato il Sud tra il 2002 e il 2019 o i record negativi di alcune regioni meridionali in termini di partecipazione al mercato del lavoro delle donne.
La ripartenza italiana coincide dunque con la sfida ben più ardua di spezzare la spirale perversa tra disarmo delle politiche, stagnazione economica e aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali che ben prima del Covid ha allontanato il paese dell’Europa e il Sud dal resto del paese.
Inserire le proposte per il Sud in una ricomposizione di sistema è del resto l’unica via non assistenziale e non dispersiva per ridurre le diseguaglianze che impediscono livelli coerenti e omogenei di qualità della vita; e per dotare l’Italia del “secondo motore”, a Sud, sinergico col “primo motore”, al Centro-Nord, concorrendo al reale rilancio di entrambe le macro-aree e restituendo al Paese la sua posizione e rilevanza in Europa.
Uno degli assi essenziali è senz’altro riconducibile alla politica infrastrutturale.
La SVIMEZ ha identificato nel “Southern Range”, il nuovo organico sistema logistico-produttivo, che può fare del Sud un principale ingresso per l’intera Unione Europea nel Mediterraneo.
Esso ha come pilastri le sei ZES (il “Quadrilatero” continentale Napoli, Bari, Taranto, Gioia Tauro e le due isolane di Catania/Augusta e Palermo) unite nell’ “Esagono” della “Portualità di Sistema del Sud d’Italia”.
La scelta di strutturare questa via privilegiata di accesso all’Europa attrezzerebbe l’Italia, e con essa l’Europa, a cogliere l’opportunità storica di un asset posizionale, che consente di intercettare traffici e valori logistici provenienti dalle rotte asiatiche attraverso Suez e di giocare un ruolo strategico in quel Mediterraneo.
In questo quadro assume rilievo fondamentale la ridefinizione della mobilità ferroviaria e stradale a grande scala. Completare le infrastrutture della Alta Velocità, portarla a sistema fra Roma e Milano e Roma e Catania/ Palermo e Roma e Bari, significa unificare – per la prima volta e realmente – la geografia dei trasporti italiana e pervenire ad un equilibrio territoriale totalmente nuovo.
Ma limitativo sarebbe considerare il Southern Range come una mera via di “transito facilitato” che percorre l’intero Mezzogiorno, trascurando le enormi potenzialità di ricadute diffusive sulle integrazioni territoriali, socio-economiche e culturali delle vaste aree che esso attraversa e contiene. Le Aree Interne, che sono sottoposte attualmente in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia ad un processo di vera e propria desertificazione, diventano, se strutturalmente coinvolte dalla riorganizzazione organica dello spazio dell’”Esagono”, naturali beneficiarie delle occasioni di sviluppo che si possono attivare, in connessione alle molteplici forme di trasversalità ed intermodalità che il progetto promuove.
Un esempio: nel Corridoio che unisce le ZES di Napoli e Bari, nell’ambito del previsto Corridoio Trasversale Tirreno- Adriatico, i territori contrassegnati dalle stazioni della Napoli-Bari – dislocate tra Irpinia, Sannio e Murge e funzionali alle ZES – si prestano in automatico ad interventi infrastrutturali naturalmente adatti a rivitalizzare borghi e territori delle Aree Interne.
Proprio sulle ricadute socio-economiche legate alla realizzazione della Stazione Hirpinia lungo la linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Napoli – Bari la SVIMEZ ha avviato uno studio promosso da Confindustria Avellino. Studio che valorizzerà le nuove opportunità di insediamento di operatori logistici, specializzati in particolari tipologie di traffico come, ad esempio, quelle legate alle vocazioni produttive del territorio, quali: i settori agroindustriali del vino e dei cereali, dell’automotive (impianti di Pratola Serra e di Melfi), dell’e-commerce e della grande distribuzione organizzata.
La SVIMEZ individua inoltre nella promozione della rigenerazione urbana, dell’efficienza e della riconversione energetica, dell’economia circolare e dello sviluppo delle fonti rinnovabili, della messa in sicurezza del territorio, del contrasto al dissesto idrogeologico, le aree di intervento prioritarie al fine di mobilitare il potenziale del Sud quale principale piattaforma verde nazionale. Il Mezzogiorno può raccogliere la sfida della sostenibilità e dell’implementazione di una bioeconomia circolare, partendo dal fatto che la crescita di questi investimenti ha visto finora una distribuzione abbastanza omogenea in tutto il territorio nazionale, valorizzando anche le aziende del Mezzogiorno. La bioeconomia nel Meridione, il cui valore fino a 5 anni fa era stimato tra i 50 e i 60 miliardi, tra il 15% e il 18% di quello nazionale, può contare su importanti filiere e distretti produttivi legati all’economia circolare, come l’Edilizia innovativa e sostenibile, Alimentare, Abbigliamento-Moda, Automotive, Aerospazio, Farmaceutica e Scienze della Vita. Proprio al Sud sono cresciute negli ultimi anni le fonti energetiche rinnovabili, lo sviluppo della chimica verde, della carta e del packaging, del legno, dell’agroalimentare e di altri settori, come la meccanica. Per di più il Mezzogiorno vanta centri di ricerca pubblici e privati di primario livello. L’obiettivo è riconciliare finalmente economia, società e ambiente, superando l’antitesi tra creazione di posti di lavoro e tutela della salute e dell’ambiente.
Rimangono tuttavia ancora alcuni nodi irrisolti riguardanti la capacità attuativa. Non va infatti dimenticato che una parte consistente degli investimenti pubblici programmati dal PNRR sarà allocata alle amministrazioni locali sulla base di procedure competitive.
La minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali le espone ad un elevato rischio di mancato assorbimento. Con il paradosso che proprio le realtà a maggior fabbisogno potrebbero risultare beneficiarie di risorse insufficienti a coprirli. Se si vuole scongiurare questo rischio, va rafforzato il supporto alla progettualità delle amministrazioni più deficitarie su questo fronte.
A cura del Direttore Svimez
Luca Bianchi