Da MEDIL NEWS – Rincaro dei prezzi delle materie prime: cause, conseguenze e normativa di salvaguardia
L’evento pandemico da COVID-19, imprevedibile ed eccezionale in termini di durata, intensità e dimensione, ha ingenerato dinamiche disfunzionali connesse alla scarsità di offerta dovuta alle ripetute chiusure, industriali e commerciali, in quasi tutta Europa e più in generale nel Mondo, accompagnate da pregiudizievoli fenomeni inflattivi che stanno producendo straordinari incrementi dei prezzi di acquisto delle principali materie prime.
A partire dagli ultimi mesi dello scorso anno, si è registrato un significativo mutamento delle condizioni di mercato con una vertiginosa impennata dei relativi costi che ha determinato, e continua a cagionare, un’alterazione dell’equilibrio contrattuale in seno agli appalti di settore, con grave pregiudizio per gli operatori economici dell’indotto.
Nella tabella che segue, alcune variazioni di prezzo registratesi per i principali materiali/materie prime, seppur i dati risultino in continua evoluzione, anche in relazione ad altri materiali:
Le imprese risultano, pertanto, esposte a costi non prevedibili né programmabili che vanno ben oltre ogni ipotizzabile alea contrattuale e/o normativa, in quanto non collocabile nel quadro delle ordinarie fluttuazioni del mercato che rendono gli appalti manifestamente anti-economici e non remunerativi, in stridente contrasto con le norme codicistiche nonché con i principi comunitari e nazionali in materia di libera concorrenza ed effettività della concorrenza.
Per quanto sopra, scaturisce l’impossibilità di conseguimento di un adeguato margine di guadagno per l’operatore economico a vario titolo coinvolto ed il conseguente innescarsi di probabili azioni giurisdizionali e/o contenziosi laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neppure mediante il valore economico dell’utile stimato, con conseguente riverbero sul regolare prosieguo delle procedure (siano esse di gara, ovvero, di esecuzione dei lavori).
La normativa emergente così si estrinseca per far fronte alla congiuntura in oggetto. In deroga a quanto previsto dall’articolo 133, commi 4, 5, 6 e 6-bis, del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e, per i contratti regolati dal Codice dei contratti pubblici, di cui all’art. 106, comma 3, del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50; il Decreto Legge n. 73 del 25 maggio 2021, recante “Disposizioni urgenti in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici”, come convertito dalla Legge n. 106 del 23 luglio 2021 “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”, ha disciplinato (articolo 1-septies, commi 1, 2 e 3) il diritto dell’Operatore Economico al riconoscimento di una compensazione per detti incrementi di costi, applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021 le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate da apposito decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (previsto essere pubblicato entro il 31 Ottobre 2021) con riferimento alla data dell’offerta, eccedenti l’8 per cento se riferite esclusivamente all’anno 2021 ed eccedenti il 10 per cento complessivo se riferite a più anni.
Per il riconoscimento di dette compensazioni, a pena di decadenza, è richiesto all’Operatore Economico di presentare alla stazione appaltante apposita istanza, entro 15 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del succitato decreto ministeriale di rilevazione delle variazioni percentuali (D.L. n, 73/2021, articolo 1-septies, comma 4).
Il medesimo D.L. n. 73/2021 (al comma 6), prevede che ciascuna stazione appaltante dovrà provvedere alle compensazioni facendo leva sulle seguenti risorse finanziarie:
– le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento (fino a concorrenza del 50% di tale importo e fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti);
– le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento e stanziate annualmente;
– le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione sulla base delle norme vigenti;
– le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione nel rispetto delle procedure contabili della spesa, nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”; e che (commi 7 e 8), in caso di insufficienza delle risorse, alla copertura degli oneri si provvede attraverso il cd. Fondo per l’adeguamento dei prezzi istituito presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, fino alla concorrenza del limite massimo di spesa dell’importo di 100 milioni di euro, e garantendo la parità di accesso per le piccole, medie e grandi imprese di costruzione, nonché la proporzionalità, per gli aventi diritto, nell’assegnazione delle risorse (entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della L. n. 106/2021, di conversione del D.L. n. 73/2021, saranno stabilite le modalità di utilizzo del Fondo). Seppur con ogni buona intenzione di calmierare gli effetti del fenomeno pandemico estrinsecatosi attraverso il vertiginoso ed incontrollato incremento dei prezzi, tuttavia, l’intervento statale non appare fornire le necessarie garanzie di sostentamento e prosecuzione degli appalti, in considerazione:
– della natura, solo risarcitoria e non revisionale, del processo di salvaguardia innescato che presuppone una preventiva esposizione economico-finanziaria da parte dell’operatore economico, non sempre, purtroppo, sostenibile;
– dell’esiguità delle somme previste per il Fondo di adeguamento prezzi, ancor più vincolate dalla ripartizione tra piccole, medie e grandi imprese e, soprattutto, dal criterio della proporzionalità, secondo quanto ci si attende dal decreto, di imminente uscita, che dovrà regolare le modalità di utilizzo del Fondo medesimo;
– del meccanismo di ricorso al Fondo, per il quale è necessario che ciascuna amministrazione abbia diligentemente posto in essere ogni atto preventivo per la tutela della disponibilità della copertura finanziaria, ovvero, della predisposizione della copertura medesima, qualora non già disponibile.
A tal proposito, si richiama un recente intervento della Corte di Cassazione (cfr. Relazione n. 56/2020) che ha evidenziato come la pandemia abbia messo in luce che il principio della vincolatività del contratto – in forza del quale pacta sunt servenda – debba essere contemperato con l’altro principio del rebus sic stantibus, qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l’equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato.
Ciò, in nome del generale principio di “buona fede”, che impone un comportamento corretto e cooperativo fra le parti al fine di favorire il compimento del risultato negoziale e salvaguardare il rapporto economico che le parti avevano originariamente inteso porre in essere, imponendo la rinegoziazione del contratto che si sia squilibrato, al fine di favorirne in tal modo la conservazione;
Occorre, pertanto, l’urgente integrazione dei principi di salvaguardia legislativa oggi in essere al fine di ricondurre i rapporti negoziali, in seno agli appalti, nel perimetro dell’equilibrio sinallagmatico secondo il principio di buona fede ex art. 1375 c.c., attraverso il riconoscimento dei maggiori costi sopportati – e di quelli che si sopporteranno fino all’ultimazione dei lavori – per gli abnormi ed incontrollabili incrementi dei prezzi di acquisto delle materie prime.
Quanto sopra, a nostro avviso:
– per i progetti ancora da bandire, mediante inserimento delle clausole di previsione della fattispecie revisionale di cui dall’art. 106 – comma 1 – lett. a) del Codice;
– per i progetti già banditi e per le procedure di gara ancora in atto, mediante l’adeguamento da parte delle Stazioni Appaltanti delle voci di prezzo al conclamato caro materiali e, dunque, ai prezzi di mercato, in ossequio agli artt. 23 – comma 16 e 30 – comma 1 del D.Lgs. 50/2016, così consentendo agli operatori economici la partecipazione alla procedura e la formulazione dell’offerta secondo un corretto calcolo di convenienza tecnica ed economica;
– per gli appalti già aggiudicati e/o in corso di esecuzione, in forza dell’articolo 106 – comma 1 – lett. c) del Codice, la modifica dei contratti senza una nuova procedura di affidamento, a scanso di ogni eventuale incolpevole negligente esecuzione.
Da Medil News
A cura di
Ing. Fabio Bellaera
Ing. Maria Elena Sanseverino
Ing. Massimiliano Mustone